8 GENNAIO 2023 BY Avvocata Rossana Lugli
Il 30 dicembre 2022, con D.Lgs. n. 162, è entrata in vigore la riforma del processo penale e
del sistema sanzionatorio (cd. “Riforma Cartabia”) in seguito a precisa richiesta dall’Unione
Europea come contropartita per la concessione dei Fondi del PNRR.
Alla Legge n. 134/2021 di “delega al Governo per l'efficienza del processo penale, nonché
in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti
giudiziari” è stata data attuazione attraverso il D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 che doveva
entrare in vigore il 4 novembre 2022.
Tuttavia, un intervento del nuovo Governo ha posticipato al 30 dicembre 2022 l’entrata in
vigore della nuova normativa, permettendo la revisione e l’integrazione della disciplina
transitoria, carente nell’originario provvedimento.
Obiettivo dichiarato della riforma, in linea con le richieste dell’UE, è la drastica riduzione
del numero e della durata dei procedimenti penali nonché la semplificazione digitale.
In questo breve commento, verranno analizzate le disposizioni della riforma che, ad una
primissima analisi, possono interessare i professionisti e le Società, anche in relazione alla
responsabilità degli Enti ex D.Lgs. 231/01.
I. PERSEGUIBILITÀ A QUERELA DI ALCUNI REATI
Per i reati qui di seguito evidenziati si passa dalla perseguibilità d’ufficio alla perseguibilità
a querela, con la necessità, affinché si instauri un regolare procedimento penale, della
presentazione della querela da parte della persona offesa.
A) TRUFFA.
Il reato di truffa previsto all’art. 640 c.p. si configura qualora un soggetto, con artifizi o
raggiri, inducendo taluno in errore, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui
danno.
Tale reato viene spesso in rilievo nella vita delle società, si pensi ad esempio alle banche,
alle assicurazioni o comunque ai rapporti delle società e dei professionisti con soggetti terzi
e con i dipendenti. Inoltre può essere reato presupposto della responsabilità degli enti.
A seguito della Riforma Cartabia, il reato in esame, che già prima era generalmente
perseguibile a querela, resta d’ufficio solo nei casi in cui il fatto:
- sia commesso a danno dello Stato, di un Ente Pubblico, ovvero dell’UE;
- abbia ingenerato nella persona offesa il timore di un pericolo immaginario o l’erroneo
convincimento di dovere eseguire un ordine dell’autorità;
- sia commesso in presenza della circostanza di cui all’articolo 61, numero 5) c.p. (ovvero
la c.d. minorata difesa).
E’ stata invece esclusa dalla Riforma la perseguibilità d’ufficio nel caso di furto aggravato
dalla particolare gravità del danno patrimoniale cagionato (art. 61, n. 7 c.p.), che era forse la
più rilevante per quel che qui interessa, posto che spesso i procedimenti relativi a truffe
commesse a danno di società o banche, o da queste perpetrate, vedono contestata proprio
l’aggravante del danno. Per cui, affinché si instauri e prosegua il procedimento penale per
truffa, occorre sempre una valida querela, anche se la condotta ha causato un danno
rilevante.
A seguito di questa modifica, per quanto concerne i reati di truffa commessi prima del 30
dicembre 2022, per i quali non era stata presentata querela ma vi era la contestazione del
danno di rilevante entità, occorre adesso presentare querela entro tre mesi dalla data di
entrata in vigore della normativa, ovvero entro il 30 marzo 2023.
Pena l’archiviazione del procedimento ovvero il proscioglimento dell’imputato per
mancanza di una condizione di procedibilità.
In ogni caso con il D.Lgs. 162/2022 si è previsto che nessun avviso deve essere dato alla
persona offesa, né dal Giudice, né dal Pubblico Ministero, in ordine alla necessità che venga
sporta una valida querela entro il 30 marzo 2022, salvo il caso in cui il soggetto cui è
attribuito il reato si trovi in misura cautelare (carcere ovvero arresti domiciliari), proprio in
relazione al reato per cui deve essere sporta la querela.
Si tratta invero di un’ipotesi che normalmente non riguarda il reato in esame (ed invero
neppure gli altri oggetto di modifica) i cui bassi limiti di pena spesso non conducono
all’applicazione di una misura restrittiva della libertà personale.
B) FRODE INFORMATICA
Il medesimo intervento ha riguardato anche il reato di frode informatica di cui all’art. 640
ter c.p. che punisce “Chiunque, alterando in qualsiasi modo il funzionamento di un sistema
informatico o telematico o intervenendo senza diritto con qualsiasi modalità su dati,
informazioni o programmi contenuti in un sistema informatico o telematico o ad esso
pertinenti, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno”.
La norma è d’interesse considerato che i tentativi di frode informatica sono una minaccia
costante per la sicurezza delle imprese e dei cittadini, che sono bersaglio sempre più
frequente di campagne di phishing, smishing o di vendita di prodotti contraffatti. Inoltre è
reato presupposto della responsabilità degli enti.
Anche rispetto a questo reato, generalmente perseguibile a querela della persona offesa ad
eccezione dei medesimi casi previsti per la truffa, la riforma Cartabia ha escluso la
perseguibilità d’ufficio nell’ipotesi in cui sia contestato il danno di rilevante gravità.
Per cui, anche in questo caso, è richiesta una querela che, se non ancora sporta, dovrà essere
presentata entro 3 mesi dall’entrata in vigore della normativa.
C) FURTO
Anche la perseguibilità del reato di furto previsto all’art. 624 c.p. ha subito modifiche. Si
tratta di un reato molto importante per le società, posto che può riguardare anche i furti in
azienda e quelli aventi ad oggetti beni immateriali.
Precedentemente alla Riforma si procedeva a querela nei casi di furto “semplice” e d’ufficio
in tutti i casi di furto aggravato (ex art. 625 c.p., ad es. nel caso di utilizzo di violenza sulle
cose o di armi, o nel caso fosse commesso con destrezza, ecc. ecc.).
Oggi invece anche il furto aggravato è punito a querela della persona offesa, salvo il caso in
cui quest’ultima sia incapace, per età o per infermità, oppure qualora ricorra taluna delle
circostanze di cui all’articolo 625, numeri 7 e 7-bis, cioè nel caso in cui l’offesa ricada sul 1
patrimonio pubblico (ad esempio il furto commesso in pubblici uffici o su beni sottoposti a
sequestro o pignoramento).
D) DANNEGGIAMENTO
Punito all’art. 635 c.p. diventa perseguibile a querela, salva l’ipotesi in cui determini
l’interruzione di un servizio pubblico ovvero di pubblica necessità o nel caso in cui la
persona offesa sia incapace, per età o per infermità.
Rilevante anch’esso per la vita delle imprese, si pensi ad esempio al danneggiamento del
materiale dell’azienda o di lavorazione (che può anche determinare una giusta causa per il
licenziamento).
E) MINACCIA, VIOLAZIONE DI DOMICILIO, SEQUESTRO DI PERSONA E VIOLENZA PRIVATA
Si tratta di reati che possono riguardare i privati cittadini ma anche le Società, nella loro vita
interna ma anche nei rapporti con i terzi.
Il reato di minaccia punito all’art. 612 c.p., a seguito della Riforma, è diventato punibile a
querela della persona offesa, salvo la ricorrenza di circostanze aggravanti ad effetto speciale
e nel caso in cui la persona offesa sia incapace, per età o per infermità.
Art. 625, comma 7 c.p.: su cose esistenti in uffici o stabilimenti pubblici, o sottoposte a sequestro[ c.c. 1798, 2905, 2793; c.p.c. 1
670-673; c. nav. 682; c.p. 189–190; c.p.p. 354, 253, 317, 320 ] o a pignoramento [ c.p.c. 491 ], o esposte per necessità o per
consuetudine o per destinazione alla pubblica fede , o destinate a pubblico servizio o a pubblica utilità, difesa o reverenza [ 635 n. 3 ];
comma 7-bis) se il fatto è commesso su componenti metalliche o altro materiale sottratto ad infrastrutture destinate all’erogazione di
energia, di servizi di trasporto, di telecomunicazioni o di altri servizi pubblici e gestite da soggetti pubblici o da privati in regime di
concessione pubblica;
La violazione di domicilio, punita all’art. 614 c.p., resta punibile d’ufficio solo nel caso in
cui vi sia violenza contro la persona (e non invece nel caso di violenza contro le cose, ad
esempio nel caso in cui venga scassinata la serratura o divelto il sistema di allarme); qualora
vengano utilizzate armi o nell’ipotesi in cui la persona offesa sia incapace, per età o per
infermità.
Il reato di sequestro di persona, punito all’art. 605 c.p., ed il reato di violenza privata,
previsto all’art. 610 c.p., diventano anch’essi perseguibili a querela salvo nel caso in cui la
persona offesa sia incapace, per età o per infermità.
In aggiunta, per la violenza privata, si procede d’ufficio al ricorrere delle circostanze di cui
all’art. 339 c.p. (ovvero nel caso in cui la violenza venga utilizzata durante manifestazioni in
luogo pubblico, con armi, da persona travisata, ecc. ecc.).
F) LESIONI STRADALI GRAVI E GRAVISSIME E LESIONI PERSONALI
Da ultimo restano da analizzare gli interventi che hanno riguardato le lesioni stradali, 2
punite all’art. 590 bis c.p. e le lesioni personali (volontarie) di cui all’art. 582 c.p.
Anche in questo caso si tratta i reati che certamente riguardano i privati cittadini ma che
possono riguardare anche la vita delle imprese, si pensi ad incidenti stradali che hanno
coinvolto un lavoratore durante il suo orario di lavoro ovvero aggressioni fisiche subite o
poste in essere sempre dai dipendenti di un’azienda.
Le lesioni stradali, con la Riforma, diventano perseguibili a querela anche nel caso in cui la
lesione causata a seguito di sinistro stradale sia stata grave o gravissima (ovvero quando
abbia determinato un’incapacità di attendere alle normali occupazioni per un periodo di
tempo superiore ai 40 giorni ovvero che abbiano determinato una malattia insanabile).
Restano invece punibili d’ufficio le violazioni gravi al codice della strada che abbiano
determinato l’incidente: quali la guida sotto l’effetto di sostanze alcoliche o psicotrope; il
superamento di limiti di velocità in centro abitato, sorpassi in corrispondenza di
attraversamenti pedonali e l’attraversamento di incroci con semaforo rosso.
Le lesioni personali (volontarie), di cui all’art. 582 c.p. sono invece diventate punibili a
querela della persona offesa quando abbiano provocato una malattia con prognosi non
superiore ai 40 giorni (mentre in precedenza il termine era di 20 giorni).
Restano invece perseguibili d’ufficio in tutte le altre ipotesi: quindi se superiori ai 40 giorni,
ovvero negli altri casi in cui la lesione sia grave o gravissima (ad esempio perché abbia
determinato la perdita di un arto o una malattia insanabile), o ancora nel caso in cui vengano
Invero hanno subito modifiche in ordine alla procedibilità anche i reati di cui agli artt. 634 , 659 e 660 c.p., di scarso interesse nel 2
presente commento.
utilizzate armi o altri mezzi insidiosi, oppure nel caso in cui la persona offesa sia incapace,
per età o per infermità.
Restano invece perseguibili d’ufficio le lesioni colpose gravi o gravissime commesse con
violazione delle norme sulla tutela della salute e della sicurezza sul lavoro (che
costituiscono anche reato presupposto della responsabilità degli enti).
In conclusione, con la Riforma Cartabia, al fine di ridurre il numero dei processi penali e di
contenere i tempi di celebrazione e di favorire forme di definizione anticipata,
l’accertamento giudiziale è stato limitato:
- ai casi in cui la persona offesa dal reato intenda procedere con una querela nei confronti
dell’autore del reato (vuoi anche perché non è ancora stata risarcita del danno
provocato)
- oppure nei casi particolarmente gravi individuati dalla legge.
Occorre quindi verificare se per i reati oggetto di modifica e sopra indicati, commessi prima
del 30.12.2022, era stata presentata una valida querela e, in mancanza, valutare la sua
proposizione.
II. LA GIUSTIZIA RIPARATIVA
1.- La nuova disciplina prevista dalla Riforma Cartabia.
Nell’ottica non solo di ridurre il numero di processi ma anche di responsabilizzare l’autore
del reato e di permettere un suo rientro all’interno della società civile, la Riforma Cartabia
ha introdotto nel nostro ordinamento una disciplina organica della giustizia riparativa, che
consiste nella possibilità per le parti di aderire a programmi di natura riparativa in relazione
a qualsiasi tipologia di reato.
Sostanzialmente il soggetto cui viene attribuito il reato, in ogni stato e grado del
procedimento (e quindi già nella fase delle indagini), può chiedere di partecipare a
programmi di riparazione, dal contenuto più vario.
La normativa prevede tre ipotesi: una mediazione tra l’autore del reato e la vittima; un
dialogo riparativo tra le parti; o ancora qualsiasi programma dialogico guidato da mediatori.
Tuttavia, il contenuto del programma è libero ed esso può instaurarsi anche tra il presunto
autore del reato e una vittima c.d. aspecifica (ovvero un soggetto che è persona offesa di un
reato, ma non di quello compiuto dall’autore del reato che partecipa al programma).
Possono inoltre partecipare al programma i familiari delle parti e i membri della comunità,
nonché enti e associazioni rappresentative di interessi lesi dal reato, tra cui anche enti
pubblici e rappresentanti dello Stato (ad es. associazioni in difesa delle donne e dei minori,
in difesa degli animali, sindacati, associazioni di categoria, rappresenti delle Regioni e dei
Comuni).
Tali programmi verranno gestiti da esperti inseriti in appositi elenchi istituti presso il
Ministero della Giustizia.
L’esito positivo di tale programma può determinare l’archiviazione o il
proscioglimento dell’autore del reato, nel caso in cui questo fosse perseguibile a
querela.
Infatti, l’esito positivo della mediazione comporta una remissione tacita della stessa.
Se invece si procede per reato perseguibile d’ufficio, l’esito positivo dei programmi
comporta l’applicabilità di una nuova circostanza attenuante, con riduzione della pena.
La procedura può essere attivata dall’autore del reato, dalla persona offesa ma anche
dall’autorità giudiziaria (Giudice o Pubblico Ministero).
2.- La messa alla prova e la giustizia riparativa.
La sede naturale per l’esplicazione dei sistemi di giustizia riparativa è la sospensione del
procedimento con messa alla prova, istituto inserito nel nostro ordinamento con L. n.
67/2014, che consente all’autore del reato di evitare il processo penale seguendo un
programma elaborato da un ufficio esterno al Tribunale (UEPE) che si solito si traduce in
alcune prescrizioni e nello svolgimento di attività volontariato. Un programma il cui esito
positivo comporta l’estinzione del reato.
Occorre precisare che la Riforma Cartabia ha ampliato i casi di accesso a questo Istituto,
prevedendo da un lato che anche il Pubblico Ministero possa attivarsi per chiedere la
definizione del procedimento con questo rito speciale e, dall’altro, estendendo il novero dei
reati per cui può essere chiesta.
Ad esempio, per quanto qui d’interesse, è ora possibile chiedere la messa alla prova
anche per l’omessa presentazione della dichiarazione IVA e IRES di cui all’art. 5
D.Lgs. 74/2000, ma anche per alcuni reati contro la fede pubblica, la falsa
testimonianza, la truffa aggravata, il fraudolento danneggiamento di beni assicurati
(c.d. frode assicurativa), l’appropriazione indebita e il danneggiamento.
III. LA RESPONSABILITÀ EX D.LGS. 231/01 DEGLI ENTI
Invero la modifica è intervenuta sull’art. 550 c.p.p., che disciplina i casi di citazione diretta a giudizio, inserendo una serie di 3
ulteriori fattispecie il cui limite edittale massimo è superiore ai 4 anni di reclusione. Tale disposizione è richiamata dalla normativa in
materia di messa alla prova per l’individuazione dei reati per cui è possibile accedere a tale istituto.
1.- La riforma Cartabia non affronta apertamente il tema della responsabilità dell’ente per i
reati commessi o tentati previsti dal D.Lgs. 231/2001, se non per quanto concerne le
modifiche apportate al procedimento per decreto penale.
L’art. 64, comma 1 c.p.p. della Riforma prevede, infatti, che “Il pubblico ministero, quando
ritiene che si debba applicare la sola sanzione pecuniaria, può presentare al giudice per le
indagini preliminari, entro un anno dalla data dell’annotazione dell'illecito amministrativo
nel registro di cui all'articolo 55 e previa trasmissione del fascicolo, richiesta motivata di
emissione del decreto di applicazione della sanzione pecuniaria, indicandone la misura".
Perciò l’unica modifica introdotta riguarda il termine per richiedere il decreto penale di
condanna nei confronti dell'Ente che è stato esteso da sei mesi a un anno.
2.- Tuttavia si ritiene che la disciplina della nuova giustizia riparativa può e deve trovare
applicazione anche nei confronti degli Enti imputati o indagati ai sensi del D.Lgs. 231/01.
Anzitutto, perché non v’è dubbio che la possibile partecipazione ai programmi di giustizia
riparativa di soggetti differenti dalle persone fisiche (ad esempio associazioni) consenta la
partecipazione agli stessi anche delle persone giuridiche (e quindi di tutti gli enti e società
sottoposti alla responsabilità 231).
Soprattutto però rileva che la finalità della nuova disciplina, ovvero l’intenzione di riparare
le conseguenze del reato, anche attraverso un’opera di mediazione tra persona offesa e
autore dello stesso, risulta di fatto del tutto aderente alle finalità e agli obiettivi della
normativa in materia di responsabilità delle persone giuridiche, preordinata a garantire la
prevenzione dei reati anche attraverso una corretta organizzazione aziendale e l’adozione di
Modelli 231.
Infatti, nonostante quest’ultima presenti chiari effetti punitivi e deterrenti, invero è
preordinata a garantire la prevenzione dei reati anche attraverso una corretta organizzazione
aziendale.
Questa finalità potrà invero essere meglio raggiunta anche attraverso la partecipazione a
specifici programmi (di giustizia ripartiva) di alcune figure apicali dell’Ente e dei loro
sottoposti, o comunque di coloro che erano preposti all’area sensibile in cui si è verificato il
reato, unitamente alla persona offesa dello stesso, sia esso lo Stato ovvero, le istituzioni
pubbliche e private o qualunque portatore di interessi legittimi (persona fisica o giuridica),
ad esempio il lavoratore infortunato.
Posto che proprio dal dialogo tra tali figure potrebbero meglio emergere le lacune
nell’organizzazione aziendale e i presidi da adottare.
Peraltro, ciò è esattamente quanto viene richiesto all’Ente una volta che al suo interno sia
stato commesso un reato: vuoi attraverso l’adozione di modelli di organizzazione, gestione e
controllo, vuoi attraverso l’aggiornamento e la revisione degli stessi; vuoi attraverso
l’adozione di specifici presidi e di misure correttive.
Di conseguenza, si ritiene che la nuova disciplina di giustizia riparativa potrebbe
comportare anche la possibilità per l’Ente di accedere, senza più alcun dubio, all’istituto
della messa alla prova con possibile estinzione del reato.
Sul tema, si rileva che di recente le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno escluso,
nonostante alcune sentenze precedenti di segno opposto, la possibilità per gli Enti di
accedere all’istituto della messa in prova (cfr. Cassazione Penale, Sezioni Unite, udienza 27
ottobre 2022, informazione provvisoria n. 17/22) .
Ebbene, con la riforma Cartabia, dovrebbe risultare possibile prevedere programmi di
giustizia riparativa adeguati anche per gli Enti e in tal modo consentire ad essi l’accesso alla
messa alla prova.
Sul punto aveva colto nel segno la motivazione (del tutto attuale) del Tribunale di Bari che
aveva invece accolto la richiesta di messa alla prova dell’Ente, affermando che “la ratio di
politica criminale che ispira il decreto legislativo 231/2001 non è la retribuzione fine a se
stessa, né la mera prevenzione generale, ma la prevenzione speciale in chiave rieducativa:
si vuole, cioè, indurre l'ente ad adottare comportamenti riparatori dell'offesa che
consentano il superamento del conflitto sociale instaurato con l'illecito, nonché idonei,
concreti ed efficaci modelli organizzativi che, incidendo strutturalmente sulla cultura
dell'impresa, possano consentirgli di continuare ad operare sul mercato nel rispetto della
legalità o, meglio, di rientrarvi con una nuova prospettiva di legalità” (Cfr. Tribunale di
Bari, Sez. I, Ordinanza, 22 giugno 2022, Giudice dott. Antonio Donato Coscia).
Su questo argomento occorrerà naturalmente attendere l’orientamento della giurisprudenza
e della più autorevole dottrina.
Avvocata Rossana Lugli