3 APRILE 2023 BY Avvocata Rossana Lugli
Nell’ambito della responsabilità delle Società per reati commessi nel suo interesse o vantaggio, due sono i temi che vengono anzitutto in rilevo: quale deve essere il contenuto del Modello 231 e quali i requisiti che devono possedere i componenti dell’Organismo di Vigilanza. Infatti, chi si occupa di questa materia si interfaccia non di rado con documenti che solo apparentemente possono definirsi “Modelli di organizzazione, gestione e controllo”, risultando invece moduli predisposti in via standardizzata per qualsiasi realtà e poi adattati al singolo Ente mediante l’inserimento della denominazione dello stesso e di qualche clausola più specifica. Spesso accade anche che l’organismo di vigilanza sia composto da soggetti che non possono ritenersi veramente indipendenti e in grado di opporsi a scelte decisionali illegittime, in quanto persone interne all’Ente (dipendenti della stessa), o che hanno con esso rapporti lavorativi (consulenti esterni). Tale situazione deriva dal fatto che spesso all’interno della società si teme che il Modello 231 e l’Organismo di Vigilanza appesantiscano le Società con procedure rigide che di fatto bloccano l’attività imprenditoriale, inibendo anche le scelte dei propri dirigenti e dipendenti preoccupati di essere individuati quali unici responsabili nel caso in cui un reato venga commesso. Questo è purtroppo il motivo per cui talvolta si opta per l’adozione di un Modello 231, diciamo così, più blando, con protocolli più standardizzati e poco personalizzati, accompagnati dalla nomina di un OdV per così dire più accomodante. Sebbene ciò non significhi automaticamente che la Società stia commendo reati o intenda tenere condotte illecite, il Giudice penale di fronte ad un Modello del tutto formale valuta negativamente la Società e la “legalità” della stessa, ponendosi inevitabilmente domande sul perché quella sia stata la scelta della Società (ritenendo insufficiente e sbagliata, lo si precisa subito, l’intenzione della Società di non appesantire le procedure e i controlli interni). Per cui è chiaro che in questi casi la presenza di un Modello 231 e di un OdV risultano non solo del tutto inutili, in quanto non in grado di prevenire effettivamente la commissione di reati ed ex post inidonei ad escludere la responsabilità dell’Ente, ma anzi aggravano la posizione dello stesso che non deve difendersi dal fatto di non aver adottato un Modello, ma da quello più grave di averne adottato uno del tutto fittizio. In altre parole, appare decisamente sconsigliabile l’adozione di un Modello 231 generico e meramente formale nonché l’istituzione di un Organismo di Vigilanza subordinato ai vertici aziendali. Quale deve essere dunque il contenuto del Modello 231 e quali i requisiti dei componenti dell’organismo di vigilanza? Di recente la Corte di Appello di Venezia ha cercato di fare chiarezza su tali punti con la sentenza relativa al processo “Banca Popolare di Vicenza” che ha condannato la banca e alcuni soggetti apicali per i reati di aggiotaggio ( art.2637 c.c), ostacolo alle funzioni di vigilanza Consob ( art.2638 c.c.) e falso in prospetto ( D.Lgs 58/98) - (cfr. Cass. Pen., Sez. I penale, 4 gennaio 2023, n. 3348). Rispetto al primo punto, il contenuto del Modello 231, la Corte ha precisato che: - il Modello 231 non deve essere caratterizzato da prescrizioni generiche o da divieti relativi a profili marginali rispetto ai reati da prevenire. Ciò mina non soltanto la sua efficacia ma anche la sua stessa idoneità a prevenire la commissione di reati; - il Modello 231 non può consistere nell’adozione meramente formale di un’organizzazione interna basata sui criteri di ripartizione di compiti e segregazione di funzioni; - al contrario, il Modello 231, per essere adeguato – e quindi per escludere, unitamente alle altre condizioni, la “colpa di organizzazione” (e, quindi, la responsabilità dell’Ente) – deve essere specifico, calato nella realtà aziendale e caratterizzato dall’adozione e dalla conseguente attuazione di contro-misure di “prevenzione” idonee ed efficaci, in grado cioè di prevenire e contrastare la commissione di reati nelle aree più esposte a rischio. Ad esempio, la Corte di Appello nella citata sentenza sottolinea come nel caso di specie nel Modello 231 adottato dalla Banca non fosse stato previsto “nulla di realmente specifico”, e ciò già dalla fase di analisi dei rischi, con riferimento alla prevenzione dei reati che si erano in concreto verificati da tempo. Inoltre il Modello 231 non prevedeva alcuna contro-misura di “prevenzione” idonea ed efficace, in grado di prevenire e contrastare effettivamente la commissione di reati. Rispetto invece ai requisiti dell’Organismo di Vigilanza, la Corte ha precisato che i requisiti di indipendenza e autonomia devono essere intesi come assenza di subordinazione del controllante al controllato; In particolare, l’Organismo di Vigilanza deve: • essere dotato di effettivi e penetranti poteri, da esercitare autonomamente e concretamente; • programmare un’attività di verifica anche a sorpresa nelle aree più sensibili a rischio di commissione reati, risultante dai verbali redatti con spirito di critica costruttiva; • garantire la riservatezza delle comunicazioni all’Organismo di Vigilanza, ribadendo a tutti i livelli l’importanza delle segnalazioni di possibili violazioni del modello 231. Nella vicenda sottoposta all’esame della Corte, i tre membri dell’Organismo di Vigilanza erano privi della necessaria indipendenza. Il Presidente era il responsabile interno dell’Internal Audit che dipendeva gerarchicamente dal Direttore Generale, ovvero “proprio dai poteri che avrebbe dovuto controllare”. Gli altri due componenti erano consulenti esterni che avevano ricevuto retribuzioni da enti riconducibili alla stessa società. Tali soggetti inoltre negli anni non avevano svolto alcuna verifica e approfondimento, come emergeva chiaramente dal contenuto dei verbali delle riunioni dell’OdV che “sono che la plastica espressione di un organismo che interpretava il proprio ruolo in modo meramente formale... né evidenziano che fossero state rilevate criticità, neppure in relazione ai casi più eclatanti”. Infine, “nonostante le numerose lamentele dei dipendenti” non risultava giunta alcuna segnalazione all’Organismo di Vigilanza. In conclusione, l’adozione di un Modello 231 non può essere un adempimento puramente formale ma deve conseguire ad un’intensa ed effettiva attività di analisi della Società e delle sue aree di rischio, cui deve conseguire la predisposizione e l’adozione dei presidi e dei protocolli adeguati concretamente a prevenire e minimizzare i rischi rilevati. Si aggiunga poi che, ad avviso di chi scrive, i protocolli interni devono essere elaborati cercando sempre di non appesantire troppo la Società con inutili e sovrabbondanti procedure che poi di fatto restano inattuate. A tal fine la scelta migliore è quella di attuare una stretta collaborazione tra professionisti esterni esperti in materia e le figure interne preposte ad ogni funzione per verificare quanto viene già svolto ed apportare eventuali correttivi. In questo modo, sarà più adeguata ed efficace anche la formazione continua da fornire ai soggetti apicali e loro sottoposti sulla applicazione concreta del Modello 231. Infine, la nomina dell’Organismo di Vigilanza, monocratico o plurisoggettivo, deve essere affidata a professionisti esperti indipendenti in grado di effettuare controlli sull’effettiva adozione ed efficacia del Modello 231 e del sistema di prevenzione. Sul punto si precisa che le sanzioni in materia penale ex D.lgs. 231 non ricadono sull’Organismo di Vigilanza, in quanto trattasi di un organo consultivo e non gestionale. Considerazione finale : tutte le Società , di qualsiasi dimensione, devono vedere il Modello 231 ed il sistema di Organizzazione, Gestione e Controllo ex D.Lgs 231 come una eccezionale opportunità sia per diagnosticare lo status di governo societario e migliorare continuamente le proprie prassi sia per evitare di incorrere in sanzioni che possono portare alla crisi, alla paralisi e perfino alla chiusura della Società, con devastanti effetti per tutti i portatori di interessi sulla stessa (soci, soggetti apicali, dipendenti e collaboratori della stessa).