2 OTTOBRE 2022 BY avv. Rossana Lugli
Con la sentenza n. 34936, depositata in data 21.09.2022, la Corte di Cassazione, ai sensi dell’art.
25-septies D.Lgs. 231/01, ha condannato una Società per Azioni ad una sanzione pecuniaria molto
elevata in relazione all’infortunio occorso, durante la movimentazione di alcuni blocchi di marmo,
ad un lavoratore assunto con la qualifica di preposto.
Tale sentenza è conseguita al riconoscimento, nel corso del primo grado di giudizio, della
responsabilità del rappresentante legale della società per il reato di lesioni colpose, sia per
l’insufficiente contenuto del DVR sia per l’inadeguata gestione del rischio da parte del lavoratore,
dovuta in primo luogo ad una insufficiente attività di formazione e addestramento.
Il rappresentante legale è stato prosciolto in appello per intervenuta prescrizione del reato. Di
contro, il processo penale è proseguito nei confronti della Società, non trovando applicazione, le
norme sulla prescrizione ordinaria, nei procedimenti contro gli Enti.
La vicenda ha offerto così l’occasione ai Giudici di Legittimità per svolgere alcune importanti
considerazioni in materia di sicurezza nei luoghi lavoro e responsabilità degli enti.
In primo luogo la Suprema Corte precisa che sul datore di lavoro grava l’obbligo di analizzare e
individuare con la massima specificità, secondo la propria esperienza e la migliore evoluzione della
scienza tecnica, tutti i fattori di pericolo concretamente presenti all’interno dell’azienda, avuto
riguardo ai casi e alle ipotesi concretamente verificabili in relazione alla singola lavorazione svolta
o all’ambiente di lavoro.
All’esito di tali accertamenti il datore di lavoro deve inoltre redigere e sottoporre periodicamente ad
aggiornamento il documento di valutazione dei rischi previsto dall’art. 28 del D.Lgs. n. 81 del 2008,
al cui interno, peraltro, è tenuto ad indicare le misure precauzionali e i dispositivi di protezione
adottati per tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori.
Soprattutto però, le procedure segnalate nel DVR, per essere efficaci e concrete, non devono avere
carattere meramente compilativo e cartolare, ma devono necessariamente contenere specifiche
indicazioni operative sullo specifico rischio gestito dal lavoratore.
Rispetto invece agli obblighi informativi, la Corte precisa che sul datore di lavoro e i suoi delegati
gravano specifichi e pregnanti obblighi di informazione e formazione dei lavoratori, che non possono
essere esclusi, né sostituiti, in alcun modo, neppure dal bagaglio di conoscenze personali del
lavoratore, formatosi per effetto di una lunga esperienza operativa o per la collaborazione tra
lavoratori.
L’importanza di tali obblighi deriva dal fatto che, secondo la Corte, l’infortunio dipeso dalla
negligenza del lavoratore, che ha tenuto condotte imprudenti, deve ritenersi invero conseguenza
diretta e prevedibile dell’inadempienza agli obblighi formativi dei datori e delegati, i quali pertanto
ne rispondono sempre penalmente, a titolo di colpa specifica.
In altre parole, se vi fosse stata un’attenta e corretta attività di formazione, il lavoratore non avrebbe
tenuto condotte imprudenti e l’infortunio non si sarebbe verificato.
Del resto, prosegue la Corte, secondo costante Giurisprudenza, la responsabilità del datore e dei
delegati può essere esclusa unicamente nei casi in cui sia provato che il comportamento del
lavoratore è stato abnorme, ovvero sia consistito in “un comportamento anomalo assolutamente
estraneo al processo produttivo o alle mansioni attribuite, risolvendosi in un comportamento del
tutto esorbitante ed imprevedibile rispetto al lavoro posto in essere”.
Nel caso di specie, invece, secondo la Corte, l’infortunio era da ricollegarsi all’errata ed incompleta
redazione del DVR e dalla mancata formazione dei lavoratori.
Omissioni, peraltro, che hanno permesso alla Società, da un lato, di conseguire un vantaggio
economico in termini di risparmio di spesa (costi non sostenuti per la formazione, predisposizione
DVR, impiego di manodopera per i controlli) e, dall’altro, di aver una maggiore produttività nelle
lavorazioni, con riduzione dei tempi di lavoro (procedure più snelle, meno controlli, ridotta
formazione).
Un risparmio di spesa che peraltro, secondo i Giudici, è stato “tutt’altro che trascurabile soprattutto
in relazione ai costi di formazione, essendo risultato che i dipendenti pure assegnati a compiti
prepositurali (foreman) erano sostanzialmente privi di esperienza e di formazione per quelle
lavorazioni”.
Conseguiva quindi la conferma della responsabilità ai sensi del D.Lgs. 231/01 della Società,
peraltro priva del Modello di organizzazione, gestione e controllo (c.d. “Modello 231”).
Alla luce di tale sentenza risulta quindi assolutamente necessario prestare la massima attenzione alla
redazione e all’aggiornamento del DVR, alle cautele prevenzionistiche e alla tutela dei lavoratori,
mediante un’analisi effettiva e concreta dei rischi per la loro salute e la predisposizione degli
strumenti necessari, tra cui certamente un’adeguata e costante formazione dei dipendenti.
E’ del tutto evidente che, nel caso di specie, così come in altri similari, l’adozione di un “Modello
231” redatto da esperti qualificati e la nomina di un Organismo di Vigilanza, composto da almeno
un penalista, avrebbe fatto emergere quanto meno la scarsa formazione dei lavoratori, permettendo
di evitare la condanna dell’ente e (forse) anche l’infortunio.
Avvocata Rossana Lugli