TRIBUTARI
LUG26

La responsabilità del cosiglio di amministrazione per i reati tributari

26 LUGLIO 2023 BY Avvocata Rossana Lugli

Con sentenza n. 31017, depositata in data 18 luglio 2023, la Sezione III Penale della Corte di Cassazione ha innovato il precedente orientamento in materia di responsabilità dei membri del Consiglio di Amministrazione per i reati dichiarativi tributari.

Nel caso di specie, venivano sottoposti a procedimento penale, per il reato di cui all’art. 2 D.Lgs. 74/2000, i tre membri del Consiglio di Amministrazione di una Società a Responsabilità Limitata.

In particolare, sia all’Amministratore Delegato, che aveva sottoscritto la dichiarazione fiscale, sia agli altri due amministratori, privi di deleghe, veniva contestato di aver indicato nella dichiarazione Modello Unico elementi passivi fittizi per un ammontare di 318.483,22 euro, avvalendosi di ventiquattro fatture relative ad operazioni ritenute soggettivamente inesistenti.

In primo grado e in appello tutti e tre i membri del Consiglio di Amministrazione venivano condannati, in concorso tra loro.

La Società veniva, infatti, ritenuta coinvolta in un ampio giro di c.d. "frodi carosello", non essendo riuscita a dimostrare l’effettività dei pagamenti effettuati ed essendo le prestazioni indicate nelle fatture incoerenti rispetto all’oggetto sociale dell’impresa fornitrice. I due consiglieri privi di deleghe ricorrevano in Cassazione lamentando come la condanna fosse invero intervenuta nei loro confronti unicamente in relazione alla carica di amministratori ricoperta (quindi, una sorta di responsabilità oggettiva), senza in alcun modo considerare la loro estraneità alle vicende e, soprattutto, alla sottoscrizione della dichiarazione fiscale.

La Suprema Corte ha accolto il ricorso presentato, ed ha precisato, escludendo qualsiasi automatismo, che la responsabilità per omesso impedimento dell’evento da parte degli amministratori privi di delega è configurabile solo nel caso in cui venisse provata:
1) l’effettiva conoscenza da parte loro dei fatti pregiudizievoli o quanto meno di segnali di allarme; e
2) la volontà di non attivarsi per scongiurare detto evento.

Nello specifico, rispetto al caso di specie, la sentenza in commento puntualizza che “gli amministratori di una società, che non abbiano sottoscritto una dichiarazione fiscale, in quanto attività delegata ad un solo consigliere, concorrono nel reato tributario solo ove siano stati a conoscenza dell’inserimento dei documenti falsi nella contabilità e, ciononostante, non si siano attivati per impedire la loro indicazione in dichiarazione o la presentazione della stessa”.
Peraltro, prosegue la Corte di Cassazione, la consapevolezza dell'utilizzazione di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti nella predisposizione della dichiarazione fiscale, poi presentata da altro amministratore, non può ricavarsi in via presuntiva. Ad esempio, la consapevolezza non può dedursi, come invece aveva fatto la Corte d’Appello, dall’importanza delle operazioni economiche sottese alle fatture false ovvero dalla generica partecipazione dei due amministratori senza deleghe alle scelte gestionali dell’impresa.
Si tratta di conclusioni del tutto condivisibili, soprattutto se si considera la disciplina contenuta nell'art. 2392 c.c.
Secondo tale disposizione, infatti, “gli amministratori devono adempiere i doveri ad essi imposti dalla legge e dallo statuto con la diligenza richiesta dalla natura dell'incarico e dalle loro specifiche competenze” e sono sì, “solidalmente responsabili verso la società dei danni derivanti dall'inosservanza di tali doveri”, ma solo ove non “si tratti di attribuzioni proprie del comitato esecutivo o di funzioni in concreto attribuite ad uno o più amministratori”.
E in tale situazione (cioè nel caso del conferimento di deleghe), sempre secondo la norma citata, gli amministratori “sono solidalmente responsabili [n.d.r. solo] se, essendo a conoscenza di fatti pregiudizievoli, non hanno fatto quanto potevano per impedirne il compimento o eliminarne o attenuarne le conseguenze dannose”.
Ma quale comportamento deve tenere “in concreto” il consigliere senza deleghe per non concorrere nella responsabilità degli amministratori esecutivi?
Occorre anzitutto ricordare l’art. 2381 c.c. secondo il quale “Gli amministratori [n.d.r. con o senza deleghe] sono tenuti ad agire in modo informato” e che “ciascun amministratore può chiedere agli organi delegati che in Consiglio siano fornite informazioni relative alla gestione della società”.

A fronte di tale disposizione si ritiene quindi opportuno che gli amministratori non operativi chiedano sempre informazioni e chiarimenti al Consiglio di Amministrazione, quantomeno in presenza di casi particolarmente rilevanti, di anomalie e di segnali di allarme. Ad esempio, nel caso in cui, apprendano:
• del compimento di operazioni di gestione non in linea con l’oggetto sociale; • della gestione personalistica o l’interesse degli amministratori nell’operazione; • di incongruenze contabili o di un’errata valorizzazione delle voci di bilancio; • del ricorso a finanziamenti soci o della mancata ricapitalizzazione;
• di rilievi mossi dall’organo di controllo o dall’organismo di vigilanza; • della richiesta di chiarimenti da parte di altri consiglieri di amministrazione; • delle richieste di accesso da parte dei soci alla documentazione societaria; • di tensione finanziaria;
• di sanzioni fiscali.
Se dalle informazioni acquisite emergessero fatti pregiudizievoli o illeciti commessi dagli organi delegati, l’amministratore privo di deleghe, al fine di escludere la propria responsabilità (civile e penale), deve attivarsi per impedire il compimento degli stessi o quanto meno dissociarsi dalle condotte e dalle scelte degli altri.

23 luglio 2023



Avvocata Rossana Lugli



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